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Campagne pubblicitarie: dalla televisione ad internet (e viceversa)

Se dovessi descrivere l’Italia da un punto di vista culturale facendo riferimento ad internet ed alla pubblicità, utilizzerei due termini in primis: televisione e mobile.
Siamo un Paese televisione-centrico e se è vero che l’affermazione “l’hanno detto alla televisione per cui sarà vero” forse descrive meglio i nostri nonni, non è poi così vero che la fascia più giovane disdegni il mezzo: in generale l’80% della popolazione guarda la televisione almeno una volta al giorno trascorrendo, di media, quattro ore al giorno di fronte allo schermo.
Ma siamo anche un Paese che adora i telefoni cellulari e con la penetrazione di smartphone (connessi ad internet) tra le più alte d’Europa: la media si attesa attorno al 139% mentre noi ci collochiamo ad un 158% (per una popolazione di circa 60 milioni di persone, si registrano circa 90 milioni di abbonamenti mobile attivi).

Italia, patria del Second Screen

L’Italia quindi rappresenta un terreno molto fertile per lo svilupparsi di un fenomeno: il second screen; ovvero l’abitudine di utilizzare, simultaneamente, due o più schermi (ad esempio la televisione ed il tablet). E dei numeri (interessanti) in tal senso si stanno già registrando: poco più di 25 milioni di Italiani conferma di guardare la televisione con, nei pressi, almeno un device (smartphone, tablet) connesso ad internet.
La parte più interessante emerge scavando nei dati comportamentali, leggasi “Abbiamo capito che guardiamo la televisione con il tablet, ma esattamente che ci facciamo di questa abbondante disponibilità di schermi e contenuti”?
O si tende a continuare a fruire contenuti correlati a quello che si sta vedendo in televisione (il termine che descrive questa attitudine è “meshing” e descrive il 40% dei comportamenti) oppure, all’altro estremo, si cambia proprio ambito (es. guardare la posta elettronica durante il break pubblicitario)(tale comportamento prende il nome di “stacking” e rappresenta il restante 60% della popolazione).

Utilizzo multiscreen second screen

 

Italia, patria del secondscreen: fra contenuti correlati e non, oltre 25Mln di spettatori TV

Social TV ed Experience enrichment

Per il ragionamento che vorrei condurre con questo articolo il meshing rappresenta il segmento di utenti/telespettatori più interessante; scavando ancora emergono due sottogruppi di attività: discutere/interagire e approfondire/cercare. Attività da me ribattezzate, in ordine, “social tv” ed “experience enrichment“.
Le opportunità in termini di advertising per i brand sono più abbondanti nel secondo scenario (experience enrichment) perché la prima natura di attività (social tv), la più difficile, si risolve seguendo l’utente (e parlando la sua lingua) negli ambienti a lui più congeniali (pensiamo ai reality show, a Twitter ed agli hashtag). Altri tentativi in questa direzione, come ad esempio realizzare un’app verticale su una trasmissione e cercare di veicolare lì tutta la spontanea e naturale conversione social, sono infatti davvero difficili.

L’experience enrichment rappresenta invece una bella opportunità, in almeno due direzioni: lo spot tv ed il product placement.
Per affrontare il primo dei due scenari, ho pensato di condurre un’indagine dal titolo “I brand che sanno che la televisione dà input che potrebbero essere ripresi quasi in real time dall’utente?” (per via del second screen).

Experience enrichment: dal second screen ottima opportunità per spot TV e Product Placement

Sono stati monitorati più di 1.000 spot televisivi e sono state raccolte le seguenti informazioni:

  • settore di appartenenza del brand;
  • brand soggetto dello spot;
  • orientamento dello spot: più brand awareness o product awareness?;
  • presenza o meno di un’offerta commerciale esplicita;
  • presenza o meno del sito web e se sì, nello specifico, di che pagina (homepage, interna, realizzata ad hoc, mini sito web);
  • se il sito web, qualora presente, è stato menzionato a voce;
  • presenza di icone dei social network e se sì, quali;
  • presenza di tracce riferite al mobile (icone degli store, un numero telefonico);
  • altro (Shazam, hashtag, altri social network);
  • presenza di specifiche call to action;
  • coerenza tra il messaggio dello spot e i risultati di ricerca di Google per ricerche che hanno a che fare con il brand e con lo spot;
  • coerenza tra il messaggio dello spot e gli asset digitali (sito web, profilo social) del brand;
  • compatibilità, o meno, del sito web nell’essere fruito da dispositivi mobile (responsive).

Incrociando i dati emerge che c’è un allineamento del messaggio pubblicitario tra i vari touchpoint del brand ma non la consapevolezza che uno dovrebbe favorire il proseguimento della customer journey verso l’altro (dalla televisione al digital, in molti casi).
Dai dati ricavati ho poi provato a costruire la ricetta per creare lo spot televisivo “perfetto”; sono emersi i seguenti consigli:

  • a ciascuno il suo: la televisione non è un canale a performance;
  • indicate il sito web (meglio con un’URL ad hoc per il tracciamento);
  • menzionate, a voce, l’indirizzo web del sito (durante lo spot è presumibile che io non guardi lo spot a favore dello smartphone o del tablet);
  • l’icona del social network non è sufficiente: date una mano all’utente a ritrovarvi facilmente all’interno del social (vanityURL);
  • se si fa menzione ai social network, specificate anche perché vi dovrei seguire su Facebook;
  • non dimenticate il numero di telefono (magari verde per via del tracciamento) se si tratta di un canale compatibile con il vostro business;
  • assicuratevi che il sito “risponda” bene se visualizzato da mobile/tablet;
  • allineate il messaggio, soprattutto se si tratta di un’offerta commerciale, tra tutti gli asset digitali;
  • assicuratevi di essere primi su Google per le parole chiave che l’utente potrebbe digitare dopo aver visto lo spot;
  • pianificate delle campagne di remarketing.
La ricetta per lo spot perfetto? Collega tutti i touchpoint e segue la customer journey

Case study – De’Longhi

Circa il product placement, invece, ho avuto modo di studiare lo scenario grazie ad un’opportunità offerta da De’Longhi e vi vorrei descrivere il relativo case study.
In concomitanza di attività di product placement televisivo, ho ipotizzato la possibilità di amplificare l’esposizione del brand, cominciata nella trasmissione, seguendo il telespettatore una volta giunto nel panorama digital. In altre parole, il telespettatore ritenuto adatto da parte di De’Longhi probabilmente, una volta stimolato dalla trasmissione, ad un certo punto finirà online per cercare informazioni su quanto appena visto; poiché la persona è sempre la stessa e continua quindi ad essere interessante per l’azienda anche quando non sta guardando la televisione, ha senso che il brand continui ad essere presente enfatizzando quindi la sua esposizione agli occhi di tale persona.
Tecnicamente sono state condotte delle campagne di advertising su Google (Ads) e Facebook che richiamavano la trasmissione ed i contenuti da un punto di vista di messaggio (collegato al palinsesto) e finestra temporale (sia per la prima serata che per le repliche) con un occhio di riguardo ai dispositivi mobile.

Adv su Google e Facebook per estendere il product placement anche nel mondo digital.

Anche se in maniera non scientifica, credo che ci sia una buona sovrapposizione tra chi ha guardato la televisione e chi, da lì a poco, ha cercato informazioni su Google oppure è andato a commentare su Facebook.
La strategia si rivela particolarmente interessante quando, tra le altre cose, si paragonano gli sforzi (investimento economico) per ottenere delle visualizzazioni in televisione e nel panorama digital.

Se dovessi fare l’esercizio di guardare al domani, che poi non è così tanto distante, vedo questi tre trend:

  • una sincronizzazione tecnologica tra quanto trasmesso in televisione e quando pubblicato online (tecnicamente si parla di TV Sync);
  • un’estensione tecnologica dello spot che favorisca il coinvolgimento tra spot e telespettatore (Shazam for TV, in questo caso, è l’esempio migliore);
  • una condivisione tra le emittenti televisive ed i grandi player del web circa i dati demografici e comportamentali degli utenti affinché un domani io arrivi a vedere l’advertising online connesso a quello che ho guardato in televisione, e viceversa. Ritengo questo scenario particolarmente interessante ed il linea con un trend assolutamente attuale riferito all’advertising: abbandonare il cookie a favore dell’ID utente per consentire alla pubblicità di muoversi più liberamente tra online ed offline.

In generale ritengo che sia efficace esplorare le sinergie tra investimenti pubblicitari online ed in televisione più che altro perché, quando succedono, spesso succedono entrambi comunque e non ha senso tralasciare sinergie che possono aumentare l’efficienza e l’efficacia degli investimenti. E del relativo ritorno dell’investimento.

Fonte dei dati:

Qui la presentazione mediante la quale ho esposto, durante gli eventi, queste riflessioni

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