Attenzione: articolo non adatto a chi è affezionato al vecchio funnel di conversione o alle sole logiche di ROAS e COS
Negli ultimi anni i social media ci hanno permesso di conoscere profondamente il pubblico di ogni azienda o settore. Fornendoci dati su dati, ci hanno viziato nel credere di poter spaccare il capello non solo in quattro, ma in otto, sedici o più parti, sino a riuscire nell’impresa di offrire esattamente ciò che la persona target desidera, nel preciso momento in cui la desidera.
Ora tutti gli advertiser, così come le aziende, sono stati privati di gran parte di questo oceano di informazioni (ne parlava anche il mio collega Marco in questo articolo) e sembra che i social media non siano più il canale opulento e redditizio di un tempo (!?!).
Ma è davvero così? Cosa ne pensate?
Dipende. Sì, non c’è un giusto o sbagliato; dipende da come si preferisce ragionare o considerare un canale all’interno di un’ampia strategia di digital advertising. Provo a svelarti un paio di verità:
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- Le persone NON hanno abbandonato i social media. Gli iscritti, infatti, sono i medesimi degli anni precedenti o sono cresciuti o hanno migrato in qualche altra piattaforma, ma non sono scomparsi, hanno solo espresso la loro volontà o meno di essere tracciati. Quindi c’è ancora modo di raggiungerli dove trascorrono la maggior parte del loro tempo (2 ore e 29 minuti al giorno in media – dati Wearesocial, vedi grafico);
- I social media sono decisamente un touch point nel percorso di una persona verso un acquisto. Dai dati del Digital 2022 Global Overview Report risulta infatti che oltre 1 persona su 4 scopre nuovi brand, prodotti o servizi proprio tramite un annuncio sponsorizzato sulle piattaforme social; inoltre, quasi 1 persona su 4 decide di seguire attivamente i brand sui social media. Infine, cosa ben più importante per il fatturato, 4 persone su 10 hanno dichiarato di usare i canali social per cercare attivamente brand e prodotti con l’intenzione di acquistare.
Quindi? Perché è un quindi che vogliamo raggiungere, no? Beh, escludere i social media dal proprio mix di canali pubblicitari non sembra avere molto senso, ma in futuro ci vorrà maggiore consapevolezza e una buona dose di accettazione di compromessi per trarre vantaggio dal nuovo ruolo. La mia idea, infatti, è la seguente:
- Innanzitutto, evolvere la nostra concezione di Social Media Advertising a Digital advertising. Un ecosistema di tutti i canali contribuisce a un fatturato complessivo, dove il ROAS e il COS vengono perciò calcolati valutando insieme ogni investimento pubblicitario. Il singolo canale quindi è un attore importante che contribuisce al raggiungimento degli obiettivi e dei risultati;
- Valutare più KPI, oltre alle conversioni e ai costi di acquisizione evidenziati dai CPL, CPA o CPM; la visibilità, l’interazione, il traffico sul sito web, sono o possono essere indicativi dell’apprezzamento verso un brand o un prodotto e alimentare un interesse che può essere colto da altri canali e trasformato in fatturato;
- Slegarsi dall’idea che il percorso verso un acquisto sia una linea retta o un imbuto e che le persone non possano invece fare marcia indietro o un passo di lato, una giravolta su sé stessi e chissà cos’altro ancora. Pubblico freddo, tiepido o caldo; Brand awareness, Consideration, Conversion; la verità è che se non possiamo tracciare al 100% le azioni che gli utenti compiono sui siti, non possiamo sapere a che punto si trovano nella loro fase di valutazione d’acquisto. Perciò dobbiamo imparare a capire dove e come essere presenti, con un’offerta coerente con il brand, con il mercato e i tempi correnti, oltre che con le aspettative del pubblico;
- Dimenticare il 2020 e il 2021 e considerare attentamente i paragoni tra anni, ma anche mese su mese…perché? Mai come in questi ultimi due anni le cose cambiano troppo velocemente, i contesti mutano, così come i canali e gli atteggiamenti di navigazione delle persone. Come si può paragonare il comportamento che avevamo in lockdown con quello di quest’ultimo periodo, dove la preoccupazione principale si volge all’aumento dei prezzi e alla scarsità di risorse? Un’azienda dovrebbe seguire il proprio piano di sviluppo e stabilire un fatturato ideale su piani a breve, medio e lungo termine e valutare l’andamento sulla base dei propri obiettivi specifici e raggiungibili;
- Iniziare davvero a collegare i vari tasselli a disposizione per una sinergia digitale che aumenti il valore delle singole discipline del digital marketing. Esempio numero 1: raccogliamo un contatto su un social media e questo è un risultato; portiamo la persona di cui abbiamo raccolto il contatto a convertire, grazie a un invio di un’e-mail coerente con la campagna di social media advertising: questo è un doppio risultato. Per ottenere questo risultato2, social media e strumenti di e-mail marketing devono collaborare.
Altro esempio: alcune tipologie di campagna su Google (tipo gli annunci dinamici della rete di ricerca) funzionano grazie ai contenuti presenti sul sito web, in particolare i testi; se lavorassimo contemporaneamente sull’ottimizzazione SEO del sito, così che i testi siano migliori, più efficaci e di valore, allora questo sarebbe un altro risultato2; la SEO, infatti, può aiutare ad incrementare l’efficacia delle campagne advertising (e così finisce pure la guerra fredda fra SEA e SEO). Ne parla anche il Gianandrea nel suo articolo SEO + SEA a braccetto verso risultati migliori.
Se poi, aggiungi a questo mix qualche accorgimento che il mio collega Marco descrive in questo articolo dedicato alle “nuove” strategie digitali, allora sarai ad un ottimo punto.
Cos’altro si può fare? Come possiamo aiutarti ancor di più?
Possiamo mettere in campo nuove soluzioni di tracciamento, tanto per iniziare.
Hai mai sentito parlare di Conversion API, la tecnologia di tracciamento server-side di Meta? A differenza del pixel, che ha bisogno dei cookie e di caricare del codice nel browser per funzionare, le Conversion API si basano sullo scambio diretto di informazioni tra il proprio server e quelli di Meta. Con il server-side tracking, infatti, il tracciamento si sposta dal browser al server che, raccogliendo ed elaborando dati di prima parte, permette di superare le problematiche legate al blocco dei cookie di terza parte.
Matteo, collega che si occupa di Web Analytics mi ha aiutata ad elencare i vantaggi derivanti da questa tipologia di tracciamento:
- Maggiore precisione dei dati raccolti, in quanto la raccolta server-side non risente dei blocchi dovuti ad estensioni o impostazioni del browser (es. Ad-blocker);
- Più controllo sui dati che vengono condivisi con Meta, con la possibilità di bloccare l’invio di determinate informazioni se manca il consenso da parte dell’utente;
- Oltre a quello che succede sul sito, le Conversion API possono registrare in maniera più completa le interazioni degli utenti, ad esempio integrando eventi dal CRM o Conversioni Offline.
Ammetto che l’argomento è un po’ tecnico e non di facile spiegazione, ma alla fine, visti i vantaggi direi che potremmo dedicarci del tempo e parlarne, non ti pare?
Infatti, se metteremo in campo tutti questi accorgimenti insieme, lavorando su tutti i touchpoint del percorso utente, non potremo che generare valore per il brand e l’azienda :) -
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