In questo precedente articolo ho affrontato il tema di quali sono gli accorgimenti SEO che si devono adottare quando si sceglie di realizzare un sito web composto di un’unica pagina sfruttando l’effetto Parallax ma si vuole comunque renderlo visibile sui motori di ricerca.
Con questo post desidero invece approfondire un aspetto altrettanto importante, quello della web analytics e del tracciamento di un sito monopagina.
4 buone ragioni per scegliere un sito monopagina
Prima di entrare nel merito dell’argomento volevo, quasi per gioco, raccogliere in un elenco puntato quali potrebbero essere i motivi per i quali si sceglie di utilizzare questo approccio. Mi sono venuti in mente questi:
- si attira maggiormente l’attenzione: non c’è dubbio che se un appassionato di auto finisce su questa pagina di Volkswagen si metterà a scrollarla fino alla fine attratto dai suoi effetti scenografici. A mio avviso si tratta della “molla” principale, ma poi resta da misurare e verificare quanto efficace sia (e cercheremo di capire più avanti come farlo);
- si può sfruttare come landing page: disporre in un’unica pagina di tutti i contenuti più importanti, ben collegati tra loro tramite una comunicazione efficace, che metta in evidenza i principali touch point e magari con alla fine una form di contatto;
- facilita la navigazione da mobile;
- fa figo! :)
Ecco allora che una volta sposata questa soluzione grafica, dobbiamo capire quanto efficace e performante sia per il nostro business affidandoci quindi ad uno strumento di web analytics.
In questo articolo farò riferimento al nostro caro buon Google Analytics ma i ragionamenti sono validi in generale per i principali strumenti di monitoring.
A chi è un po’ pratico della materia, forse non è sfuggito il fatto che dati sulla frequenza di rimbalzo o sul numero medio di pagine viste per visita potrebbero perdere di significato in caso di siti mono-pagina.
E allora come fare a capire se il rimbalzo registrato è da considerarsi veramente come tale oppure come comprendere su quali contenuti si è soffermato il visitatore se questi sono tutti sulla stessa pagina?
Niente paura, anche per queste spinosità esistono delle soluzioni!
Frequenza di rimbalzo
Innanzitutto il dato sulla frequenza di rimbalzo può essere “aggiustato”: ovvero possiamo dire a Google Analytics che se un utente resta sulla pagina di accesso per più di 15 secondi (o un periodo di tempo diverso) e poi esce dal sito, questo fenomeno non deve essere considerato come un rimbalzo (leggete qui per approfondimenti).
Registrare scroll di pagina e clic su collegamenti interni
Per registrare ed analizzare quali contenuti sono visualizzati dall’utente (mediante clic sui collegamenti interni (detti “anchors” e caratterizzati da un #) o mediante scroll) si può configurare un sistema di tracciamento di eventi ad hoc.
Ciò è possibile intervenendo a livello di codice sorgente e sfruttando la libreria jQuery e l’estensione Waypoint, da integrare con gli script di Google Analytics nel sito web (eventualmente si può usare Google Tag Manager per semplificare l’implementazione).
Per i dettagli tecnici vi invito a leggere questo articolo ben fatto.
Analisi dati In-Page
Un modo più semplice per scoprire quali sono i collegamenti interni più utilizzati e fino a che punto la pagina viene scrollata è utilizzare la funzionalità avanzata “Analisi dati In-Page” di Google Analytics.
Heatmap e clicmap
Sfruttare tool che permettono di creare heatmap e clicmap della pagina per capire quali sono i contenuti che attirano maggiormente l’attenzione dell’utente in modo da dare loro più evidenza.
Direi quindi che anche per questo aspetto le soluzioni per poter svolgere delle analisi statistiche non mancano. :)
Vi ho convinto? Oppure pensate che per fare della buona web analytics disporre di un sito di questo tipo sia un limite troppo grande?
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