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Internazionalizzazione: visibilità sui motori di ricerca all’estero

Si sa, in Italia non ce la stiamo passando bene negli ultimi tempi. L’economia non gira, la gente fa meno acquisti e in pochi hanno la forza di investire ancora nel nostro Paese.

Internet: un biglietto per l’estero

Ecco allora che sempre più aziende, quelle che se lo possono permettere, iniziano a rivolgere maggior attenzione all’estero per vendere i propri prodotti o servizi e vedono in Internet un mezzo per farsi conoscere.

C’è chi si è mosso in anticipo e dispone già almeno di una rete commerciale di agenti o punti vendita; ma c’è anche chi deve approcciare un nuovo mercato partendo da zero.
In entrambe le situazioni il web può essere un fondamentale strumento di supporto: nel primo caso per accrescere la visibilità online ed alimentare la propria rete vendita, nel secondo per capire e testare la domanda di un particolare mercato in modo da valutare se può aver senso investirci.

Paolo, in questo articolo, ha descritto molto bene quest’ultima opportunità. Io invece qui mi concentrerò sulla prima situazione, ovvero quando l’azienda ha già deciso su quale mercato puntare, dispone di una base d’appoggio commerciale e vuole accrescere i propri contatti e quindi le vendite, sfruttando i canali online.

Internazionalizzare la propria attività: si passa anche dalla SEO!

I motori di ricerca e l’internazionalizzazione

Naturalmente, uno dei modi più efficaci per intercettare la domanda è farsi trovare nei motori di ricerca.
Questo lo si può ottenere fin da subito, pagando, con degli annunci pubblicitari creati ad hoc tramite campagne di keyword advertising. Oppure, con il tempo, programmando una strategia volta a rendere il proprio sito web quanto più visibile possibile tra i risultati naturali/organici dei motori.
Per capire quale delle due strade percorrere, è necessario farsi prima alcune domande per definire meglio lo status quo:

  1. l’audiance di potenziali clienti è B2B o B2C?
  2. qual è la percezione del marchio nel mercato in cui si intende promuovere i propri prodotti?
  3. sono state fatte o sono in corso delle attività di marketing (offline o online) a sostegno del brand?
  4. che livello di competitività c’è nel mercato a cui ci si rivolge?

Già rispondendo alla prima domanda si può scartare una delle due opzioni: se ci si rivolge infatti ad un pubblico ristretto, prevalentemente B2B, potrebbe non aver senso investire tempo e risorse per accrescere la visibilità naturale/organica del proprio sito web. Magari è sufficiente individuare un set di ricerche particolari (ad esempio “vendita tessuti all’ingrosso”) per le quali far comparire un annuncio a pagamento e quindi pianificare delle campagne di keyword advertising mirate.
Viceversa, se ci si rivolge ad una massa di pubblico più numerosa per promuovere ad esempio i prodotti di un ecommerce, allora attivare delle campagne a pagamento potrebbe essere alla lunga molto più dispendioso, senza contare il fatto che una volta “spente” non ci resterà in mano niente, e quindi potrebbe valer la pena affiancare a questo canale (PPC) anche una strategia che preveda di accrescere la propria visibilità naturale (SEO).

Come scegliere il dominio?

In questo secondo caso, ci sono delle valutazioni molto importanti da fare su quella che diventerà poi la vetrina dell’azienda, ovvero il sito web.
La decisione più importante riguarda forse la scelta del dominio da adottare e, di conseguenza, la struttura dei contenuti del sito nella lingua del Paese interessato.

Nel caso ideale in cui:

  • nel mercato di riferimento c’è già una buona percezione del brand,
  • ci sono delle attività di marketing a supporto,
  • l’azienda ha tempo e risorse per sostenere una strategia di visibilità a medio/lungo termine,

allora si dovrebbe valutare di adottare un dominio con TLD locale (ccTLD: “country code top-level domain”), ad esempio www.nomedominio.fr.

Adottare un nuovo dominio, dal punto di vista SEO, significa nella maggior parte dei casi partire quasi da zero (in termini di backlink e autorevolezza); di conseguenza la strada sarà meno in salita se il brand è già conosciuto e si può contare su attività di promozione che aiutino la diffusione di questo dominio (basti pensare anche alla presenza del sito web su volantini, cataloghi, biglietti da visita, ecc.).
Alla lunga, questa scelta dovrebbe rilevarsi vincente: prima di tutto perché agli occhi dei motori di ricerca un dominio con TLD locale ha un peso maggiore e quindi più possibilità di guadagnare visibilità nel mercato di riferimento, secondariamente perché in alcuni Paesi (come ad esempio la Francia) il senso di appartenenza e di nazionalismo è molto accentuato, per cui un utente potrebbe sentirsi “a casa” e fidarsi di più, specie nel caso in cui debba anche acquistare.

Se vuoi espanderti all’estero, attento alla scelta del dominio. La SEO non va sottovalutata

Qualora invece uno o più aspetti considerati sopra non fossero soddisfatti, si dovrebbe andare nella direzione di adottare un dominio con TLD generica (gTLD: “generic code top-level domain”), come nomedominio.com, e presentare i propri contenuti in un dominio di 3° livello (fr.nomedominio.com) oppure in una directory di lingua dedicata (www.nomedominio.com/fr/).
Considerate che, da un punto di vista SEO, i due approcci si equivalgono (qua le linee guida di Google a proposito).
Questi tipi di soluzione, dal punto di vista tecnologico e pratico, sono meno dispendiose e complesse rispetto al dominio con TLD locale, in quanto tutti i contenuti del sito rimangono in un unico contenitore (web server) e sono più facilmente gestibili. L’altro lato della medaglia è che più difficilmente si avrà modo di raggiungere risultati importanti sul piano della visibilità organica.

Ricapitolando, secondo quanto detto, dovrebbe essere preferita:

  1. una strategia SEO quando:
  • il pubblico è prevalentemente B2C (ma non è da escludere il caso B2B);
  • si possa investire per ottenere risultati nel medio/lungo periodo;
  • esiste già una buona percezione del brand;
  • si può contare su attività di marketing ed editoriale a supporto;
  1. una strategia di keyword advertising quando:
  • il pubblico è ristretto e/o prevalentemente B2B;
  • si vogliono ottenere risultati prima/fin da subito;
  • il brand non è ancora conosciuto;
  • non sono previste attività di promozione a sostegno.

Naturalmente non deve essere per forza tutto o bianco o nero e con il tempo le cose potrebbero evolvere.
Di conseguenza un buon approccio può essere comunque quello, ad esempio, di supportare almeno all’inizio una strategia SEO con delle campagne di keyword advertising a sostegno; quello che in gergo, nel nostro settore, viene chiamato principio dei vasi comunicanti.

Voi che ne pensate? È lo stesso filo logico che seguite anche voi?

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