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Reputazione e buon senso

Ecco un altro post sulla gestione della reputazione….e invece no!
Niente elenco di tool per monitorarla, niente consigli su come gestirla.

Parto dall’evidenza: se le aziende sono fatte di persone, e la brutta reputazione di una persona non gioca a suo favore, rubando ad Aristotele il concetto di sillogismo, una brutta reputazione aziendale non è un elemento vincente.

E non è un mio pensiero isolato. L’ultima ricerca del Reputation Institute (abstract in inglese richiedibili qui) ci dice, per esempio, che nel processo di acquisto la percezione positiva di un’azienda è più importante del prodotto stesso.

I valori positivi individuati, riporta lo studio, sono la trasparenza, la sostenibilità ambientale, l’ambiente di lavoro positivo e l’essere un’impresa sana anche dal punto di vista economico.

Per costruire una buona reputazione ci vuole buon senso. Se si teme di avere qualche problemino, bene farsi un esame di coscienza e capire quali sono i buchi neri da colmare.

Farsi le domande e darsi le risposte mettendosi nei panni altrui è un buon punto di inizio. “Ma la gente che sta fuori, ha idea di quello si fa qui in azienda? Perché troppi dipendenti se ne vanno? Posso riciclare meglio gli scarti di produzione? Il mio materiale promozionale è comprensibile anche ai non addetti ai lavori? I miei prodotti/servizi hanno un rapporto costo/qualità reale?” Eccetera.

Per raccogliere tutte le criticità potenziali ed i margini di miglioramento è importante coinvolgere tutti gli attori che competono alla vita di un’azienda, ente o istituzione: l’ascolto è il primo step del monitoraggio della reputazione. Ascoltare tutte le parti aiuta a porre l’attenzione su elementi su cui non si era riflettuto e avere un quadro più ampio di come migliorare servizi e prodotti.

La reputazione si crea se i valori ed le esperienze sono condivise, nel tempo, con tutti gli stakeholders.

Si, tempo. Ci vuole tempo per costruire un’immagine positiva.
Un secondo per mandare tutto a monte*.

* L’immagine sopra riportata (via Tommaso Sorchiotti) fa riferimento a tre tweet fuori luogo pubblicati a ridosso del secondo forte terremoto in Emilia del 29 Maggio 2012. Poco buon senso e scuse successive per arginare l’onda della critiche.

 

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Commenti

  1. vendendo la somiglianza del tono delle scuse tra i tre brand, si fa male a pensare che possano avere stesse agenzie di marketing che gli cura il social ? :D

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