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Web design e neuro scienze: come prepararsi ad un decennio di dibattiti e cosa tenere a mente. Parte 1

Nel mondo del marketing e delle professioni digitali, è ormai prassi imbattersi in termini noti preceduti dalla radice “neuro” a indicare una correlazione tra la materia riportata dal termine (design, advertising, packaging…) e il funzionamento del cervello umano. Stiamo attraversando il cuore di un’era in cui l’attenzione alle dinamiche cerebrali è massima e, dopo questi primi anni di rodaggio della terminologia, possiamo aspettarci che il decennio 2020/30 sia pronto ad alimentare i propri dibattiti a suon di neuro scienze.

Considerato che la caccia all’impresa pionieristica mira sempre a trend tanto ben infiocchettati quanto non ancora validati per praticità e utilità, è il caso di fare qualche osservazione e valutazione a proposito di cosa sia il neuro marketing e quali siano le opportunità e i must have (o almeno i must know).

In particolare, con questo articolo vorrei dirottare la tua attenzione su un sotto mondo del marketing digitale, quello del web design, che più che trovarsi nel vivo di un “moto riformista” all’insegna di futuristici metodi di analisi sta solamente e finalmente prendendo coscienza della sua vera natura: avere a che fare con la testa delle persone, da decenni.

Chiaro, se parliamo di pagine web dobbiamo ridimensionare l’arco temporale, ma ci staremmo dimenticando le sue origini: è negli anni ‘80 che nascono le prime GUI (graphical user interface), ovvero le interfacce uomo macchina che hanno aperto la strada al nostro web design.

Partiamo da un presupposto: la dicitura “web design” è ingannevole e, da professionista del settore, non mi piace.

A causa dell’assonanza tra l’anglofono design e l’italiano disegno tendiamo ad associare il termine a qualcosa di artistico, dal mero valore estetico. Invece, dietro ad un suono che sembra familiare si cela un concetto più pragmatico, quello della progettazione, che in unione alla qualità estetica porta con sé due attributi imprescindibili dal mondo del web:

  • l’efficacia, ovvero la capacità di raggiungere un obiettivo prefissato
  • l’efficienza, il raggiungimento di quell’obiettivo con il minore sforzo possibile

Utilizzerò quindi la dicitura progettazione web per correggere web design e per riferirmi al più ampio processo di analisi (degli obiettivi di business e dei bisogni delle persone), strategia (nell’esaminare punti di forza e di debolezza del contesto) e costruzione (progettazione dei flussi e del posizionamento) che porta un sito web a rispondere ai principi di efficacia ed efficienza (ed estetica certo, ma ci arriveremo alla parte 2 dell’articolo). Il tutto integrato con necessari principi di usabilità, chiarezza ed etica. Un bel pacchetto per essere considerato una bella grafica :)

Quando parliamo di interfacce stiamo infatti andando ben oltre l’aspetto grafico/artistico di ciò che vediamo. Stiamo parlando di sistemi che per funzionare devono assicurare una buona comunicazione (intesa come scambio di informazioni a livello visivo, logico, verbale e temporale) fra te, la tua azienda, il tuo sito web e le persone che ne usufruiranno. E in quanto possibili utilizzatori di siti, tutti noi prima che individui raziocinanti, siamo individui mossi da istinti e meccanismi cognitivi naturali messi in atto dal nostro cervello automaticamente in ogni istante, con lo scopo di risparmiare energie e basandosi su un’ottimizzazione durata migliaia, milioni di anni di evoluzione della specie umana.

Un sito web non è quindi riducibile ad un artefatto colorato: è un sistema complesso che viene dato in pasto a dei cervelli, è uno strumento cognitivo.

In questo senso, tornando alla questione di partenza, se consideriamo che ogni competenza preceduta dalla radice neuro si pone come obiettivo la fusione della propria natura con i principi di neuro scienze e analisi del comportamento cerebrale, ecco che se applichiamo questa pratica innovativa al mondo della progettazione web stiamo più che altro definendo una progettazione di buon senso.

Ovvero: un sito web è uno strumento cognitivo, pertanto integrarne la progettazione con principi di neuro scienze e basarsi sulle nozioni che abbiamo a disposizione riguardo a come funziona il cervello umano è e dev’essere una prassi più che una novità.

Costruire un sito web dimenticandosi che dall’altra parte ci sono i cervelli delle persone a giudicarne l’efficacia e l’efficienza sarebbe come costruire una macchina con le ruote quadrate e i pedali al posto del passeggero. Bella – forse – ma non ergonomica, non utilizzabile e, presumo, molto irritante.

Se vuoi che le persone sappiano muoversi nel tuo sito, devi agevolare gli automatismi dei loro cervelli. Ecco che fare neuro progettazione web dev’essere la natura stessa del fare progettazione web.

Intendiamoci: non sto dicendo che neuro design, neuro marketing, neuro analisi non esistano o non siano pratiche da perseguire. La ricerca nell’ambito delle neuro scienze è al centro del ciclone dell’innovazione soprattutto grazie all’evoluzione digitale e proprio in ambito digitale ha a che fare con strumenti di analisi come le scansioni cerebrali e biometriche, il facial action coding,  galvanic skin response etc. 

Quello che si vuole dire è che se è da 2 milioni di anni che abbiamo a che fare con la conservazione della specie e la sopravvivenza in contesti ostili, è solamente da 40 anni che interagiamo con dei computer: è chiaro che siamo agli albori delle neuro scienze applicate al mondo del web e, in quanto nel vivo di questa novità, alcune pratiche sono tanto affascinanti quanto precarie – e costose – a livelli applicati (da leggere = a meno che tu non abbia un reparto di ricerca e sviluppo pronto a dedicarsi quotidianamente alla lettura di elettroencefalogrammi e simili, difficilmente saprai sfruttare certe reportistiche).

Nel panorama delle pmi italiane, la maggior parte dei problemi dei siti corporate o degli e-commerce è data da grossolani errori di progettazione e di chiarezza, individuabili ben prima che siano messi sotto torchio da un sistema di elettrodi.

Prima di aver bisogno di sapere quali aree del cervello si attivano (ovvero in quali aree di materia grigia fluisce più sangue) non si sa bene per quale motivo stimolate dalla visione di una determinata pagina web (ad oggi le maggiori tecniche di analisi neuro scientifiche a disposizione del marketing sono associative, non causative = correlano gli eventi, ma non spiegano il perché della correlazione) potremmo cominciare col tenere in considerazione quei meravigliosi automatismi cerebrali e attitudinali che l’essere umano ha banalmente trasportato dal millenario mondo offline al neonato mondo online. Sfruttando meccanismi attitudinali ed istintivi già noti e ben strutturati, saremo in grado di progettare interfacce a prova di elettroencefalogramma, per poi testarne l’efficacia con metodi di analisi più parlanti – ad oggi – rispetto a criptiche rappresentazioni di flussi ematici cerebrali.

Siamo animali, il modo in cui istintivamente reagiamo e agiamo di fronte a un’interfaccia è simile al modo in cui reagivano i nostri antenati di fronte ai pericoli della natura.

Se sei un uomo, pensa di vedere una foto con un mammut, il tuo orecchio compie un movimento di 0.1 mm alla vista di un’immagine perché il tuo cervello ha colto nel mammut lanoso una grande opportunità per sfamare la tua famiglia e scalare le gerarchie della tua tribù di uomini preistorici.

Siamo in grado di riportare questa informazione grazie ad uno studio condotto con quattro potenti computer esistenti al mondo, capaci di svolgere un’indagine biometrica che oltre a far progredire il mondo della ricerca – è uno dei primi studi che dimostra una differenza attitudinale tra uomo e donna – ad oggi sul piano pratico serve a poco (https://www.nngroup.com/articles/eartracking/).

Se invece sei una persona che lavora in ambito digitale, avrai provato dell’emozione davanti all’immagine di una scansione cerebrale perché il tuo cervello ha colto innovazione e opportunità avanguardistiche. La verità è che, per i mezzi sostenibili dal mercato in cui operiamo, sappiamo solo che a quella persona si è attivata una determinata area cerebrale, ma non sappiamo molto altro.

Ciò che sappiamo invece è che se la rilevazione cerebrale indicasse una sollecitazione delle aree riconducibili all’attivazione dello stress, questo potrebbe essere stato messo in circolo da una struttura di menù poco intuitiva o dalla mancanza di feedback di sistema, mentre se fosse l’area riconducibile all’eccitazione questa potrebbe essersi attivata alla vista di un riconoscimento o di un pacco regalo da scartare (sì, funziona davvero, la dopamina è un neuro trasmettitore che anticipa la sensazione di ricompensa, quindi vedere un regalo da scartare ci esalta di più che non scartare il regalo stesso).

Per arrivare al punto: come possiamo sfruttare 2 milioni di anni di evoluzione per progettare interfacce a prova di automatismi cerebrali, senza bisogno di analisi troppo costose e per la maggior parte delle volte prevedibili?

Nella seconda puntata cercheremo di capire assieme cosa avviene ogni volta che una persona apre una pagina del vostro sito e quali aspetti della loro esperienza dovreste saper prevedere (e aver previsto in fase di progettazione) per poter garantire di avere il polso sugli obiettivi del sito.

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