Mi capita sempre più spesso di presenziare a riunioni durante le quali il brand di turno sta valutando la possibilità di aprire un ecommerce; si estende quindi la presenza online considerando al proprio interno la possibilità di vendere anche su internet.
Da lì a pochi istanti, sempre nel corso della medesima riunione, si alza di solito una mano che pone, indicativamente, ogni volta la medesima questione: “Ma così non andiamo in competizione con la nostra rete retail?”.
Il conflitto canale: e-commerce vs. retail?
Perché è sovente che, alle spalle di un brand che ha raggiunto la maturità (economica e culturale) per parlare di ecommerce, ci sia infatti una rete retail: rivenditori, negozi, insomma l’altro pezzo della filiera.
Il tema che viene sollevato è un aspetto attualissimo: il conflitto canale.
E-commerce vs Retail. Il conflitto canale è una criticità da considerare.
Ed è una questione vera perché se da una parte c’è il fascino del nuovo (internet) dall’altra c’è la storicità, la garanzia dell’assodato, anzi, del fatturato (rappresentata dalla rete retail).
E spesso la competizione converge sul prezzo finale descrivendo due possibili scenari:
- il brand può permettersi di vendere ad un prezzo più basso ma così metterà in difficoltà la rete retail;
- per non incrinare il rapporto con la rete retail, il brand decide di vendere ad un prezzo leggermente più alto (la maggior parte delle volte decretando anzitempo il suo tramonto).
Esiste inoltre un altro fattore che aumenta la complessità dello scenario: quando il retail ha deciso (e solitamente si è mosso in anticipo) di vendere anch’esso online; qui il conflitto si estende anche agli altri aspetti che descrivono l’esperienza di acquisto online: costi e tempi di spedizione, gestione dei resi, customer care (pre e post vendita).
Io penso che per scardinare la situazione (di cui una deriva è la paralisi ed il lasciare che le cose vadano) il brand debba ripensare al (proprio) rapporto con la rete retail e, soprattutto, tornare ad essere il soggetto che ha il coltello dalla parte del manico.
In tal senso, l’azienda dovrebbe focalizzarsi su asset, dati e risorse dei quali è in possesso e che la differenziano dalla rete retail.
Per risolvere il conflitto canale, il brand deve riappropriarsi delle proprie prerogative.
L’obiettivo è farsi vedere agli occhi della rete retail non solo come l’azienda che produce il prodotto, bensì come una soluzione più ampia di servizi, informazioni e risorse che concorrono non solo all’approvvigionamento del prodotto bensì che favorisce il risultato finale: portare le persone in negozio per aumentare il fatturato di vendita.
Sinergie fra e-commerce e retail
Di seguito ho provato ad elencare alcuni esempi/scenari di sinergia nei quali il brand non fornisce esclusivamente il prodotto alla rete retail ma anche altre “cose” (dati, risorse economiche, …):
- l’azienda potrebbe condividere i dati di segmentazione della popolazione affinché anche il negozio (anche tramite il suo più piccolo ecommerce) possa puntare a delle comunicazioni ed offerte più mirate, in un contesto dove quest’ultimo potrebbe metterci più tempo per aggregare tutti i dati necessari a svolgere delle cluster analysis;
- l’azienda, tramite il suo ecommerce e più precisamente nella scheda prodotto, potrebbe indicare in maniera “user friendly” l’alternativa all’acquisto online indicando il “dove” comprare il prodotto; la mossa intelligente, in questo caso, è quella di misurare tutto il traffico in tutte le sue forme (visite al sito, visualizzazioni dell’indirizzo fisico, email inviate, telefonate generate) per, ad esempio, avere più forza in termini commerciali quando al rinnovo del contratto si discuteranno le condizioni di collaborazione (es. il posizionamento del prodotto nello scaffale);
- l’ecommerce potrebbe prevedere, come modalità di consegna, anche il pick-up presso il negozio affinché al retail venga data la possibilità di fare del cross-selling al momento del ritiro;
- l’azienda potrebbe stanziare del budget advertising per garantire al singolo punto vendita una promozione local sui motori di ricerca (Google+ Local, Google Express, …);
- l’azienda potrebbe investire nell’installazione di dispositivi iBeacon per garantire al punto vendita dati comportamentali del consumatore all’interno del negozio stesso ed ottenere, a sua volta, un ulteriore livello di profilazione per meglio segmentare i messaggi pubblicitari e l’advertising.
La lista, naturalmente, è più lunga e mi aspetto che evolva; avete voglia di contribuire?
–
L’originale della foto è stato individuato qui.
Vorrei aggiungere due spunti dalla mia esperienza, il primo riguarda i marchi che hanno una propria rete retail monomarca e il secondo riguarda il Paese dove il marchio è presente e vuole adottare una strategia multicanale.
I monomarca possono essere esempi di best practice anche per i multimarca che vendono il marchio, e fornire allo stesso tempo dati molto utili a livello locale.
In Paesi diversi dall’Italia dove c’è una maggiore maturità nella vendita online normalmente il conflitto viene gestito in maniera più costruttiva, brand e retailers sanno che è più produttivo attuare una strategia win-win piuttosto che una guerra all’ultimo prezzo.
Ciao Federico,
grazie mille per il contributo!
Conosci qualche esempio di una filiera che, all’estero, è riuscita a definire una strategia win-win?
Non ho notizie precise sulla gestione dei negozi multimarca, ma credo che Burberry sia una best practice per i punti 2), 3) e 4).
Sì, anche io avevo in mente Burberry. :)