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Strategia di email marketing per ecommerce: fatturato o reputazione?

Quando ho a che fare con l’email marketing applicato agli ecommerce, a livello strategico convivo sempre con un dubbio: quale KPI tenere monitorato.

Prima di pensare a open rate, clic rate o quello-che-hai-in-mente-ora rate :) lasciami fare qualche passo indietro per dare maggiore contesto.

Primo assunto: aderisco alla scuola di pensiero della rilevanza e non credo nella frequenza prestabilita a priori (a meno che non sia un metodo per darsi autodisciplina); qui in MOCA abbiamo coniato una formula, uno slogan, un “qualcosa” che riassume il nostro punto di vista a riguardo: le 3 “erre”: rispetto, rilevanza, risultato (in quest’ordine; l’ordine è importante).

Secondo assunto: la situazione più frequente che mi ritrovo a vivere – ricollegandomi alla premessa – è quella di un ecommerce che sta già fatturando e che, con il nostro aiuto, ambisce a fare di più e meglio (è più raro che noi si affianchi un’azienda nel processo di costruzione dell’intero impianto di email marketing da zero – anche se succede).

Aneddoto che mi fa da terzo assunto.
E che ha contribuito non poco alla formulazione del dubbio strategico di cui sopra.
Era il 2019, mi trovavo a Boston per partecipare ad Inbound, l’evento di Hubspot (piattaforma di marketing automation). Ascolto uno speech sull’email marketing che inizia a smontare alcuni numeri (l’approccio – provocatorio e data driven – mi intrippa):

  • la prima ragione di disiscrizione da una newsletter è la frequenza eccessivamente alta (questa risposta è stata scelta nel 26% dei casi)
  • la terza ragione è l’elevata frequenza da uno specifico brand (questa risposta è stata scelta nel 19% dei casi)

Fonte: https://www.marketingsherpa.com/article/chart/why-consumers-unsubscribe

Sono statistiche note per chi si occupa di email marketing.
Se però leggi il complementare, puoi anche correttamente affermare che al 75% circa, dell’elevata frequenza, interessa poco o quanto meno non è quello che stimola la disiscrizione.

E se poi andiamo anche a vedere quei famosi 26% a cui infastidisce di più, scopriamo pure che il 92% delle persone che si disiscrive da una newsletter non ha aperto o cliccato nessuna delle email che ha ricevuto dal brand X negli ultimi 12 mesi.

Email marketing statistiche di disiscrizione

Insomma, un segmento di pubblico particolarmente sensibile ma anche forse poco affezionato – dal clic sul tasto “Disiscriviti” pure troppo facile.
Forse acquisito troppo facilmente…
Sicuramente sul quale non puntare troppe energie.

E per sostenere la tesi per cui alcuni brand, mantenendo alta l’attenzione sulla rilevanza, abbiano alzato la frequenza di invio, riporta tre casi (facendoci vedere la sua inbox):

  • GAP (ecommerce di abbigliamento americano): 42 email in 30 giorni
  • Marketo (soluzione di marketing automation): 28 email in 30 giorni
  • eMarketer (risorsa online per chi si occupa di digital per lavoro): 4 email ogni giorno

E questo va di pari passo con l’indagine che abbiamo svolto in MOCA circa l’utilizzo (o il non utilizzo, a dirla meglio) della propria inbox e, in particolare, della tab “Promozioni” di Gmail (qui ci sono i risultati, se li vuoi leggere).
Per saltare alla conclusione: non c’è molta cura e manutenzione della casella, non la si guarda ogni giorno, si lascia che la polvere si accumuli e comunque, quando ci guardo, non è che guardo tutto quello che è giunto dall’ultima volta.

Insomma, la prima morale che si insidia tra le piaghe del mio animo “+ qualità – quantità” dice: personalizza ma invia, invia una volta in più piuttosto che una in meno! Perché devi ambire a prenderti tutte le possibilità che hai di portarti degli ordini a casa, di fatturare.

Personalmente ho un però.

Come faccio ad avere ogni volta qualcosa di valore da comunicare?
Come faccio a non creare comunicazioni prodotto-centriche?
Se poi rivendo prodotti altrui, come faccio a evitare di fare la guerra sul prezzo e far diventare la newsletter una specie di volantino (descrizione che, non me ne volere, rappresenta forse il 90% delle email inviate dagli ecommerce)?

Io opterei per fare meno ma fare meglio.
Per lavorare sul lungo periodo, sull’autorevolezza del brand, su KPI di natura non immediatamente economica.
Però – riprendendo il secondo assunto – l’ecommerce sta già fatturando e non ci sono seduto io su quel bilancio, non le chiamo per nome le persone che il 10 del mese devono prendere lo stipendio, non le guardo negli occhi.

Ecco perché il dubbio mi attanaglia:

  • credo nelle 3 “erre”
  • credo nell’email marketing come un canale per costruire relazioni
  • mi convincono però i ragionamenti sentiti a Boston
  • e non ce l’ho il coraggio di rischiare di fatturare meno sul breve periodo invitando l’imprenditore a guardare sul lungo (anche se, qualora le condizioni fossero favorevoli, si tratta esattamente di quello che bisognerebbe fare)

La “sfortuna” poi è che l’esempio contrario ce l’ho in casa: la newsletter di MOCA.

Lo so – lo so bene: non siamo un ecommerce, vendiamo tempo, ambiamo a guadagnare fiducia, mettiamo le persone e le loro facce al centro. È un altro scenario.

Però alla fiducia devo ambire tutti altrimenti hai voglia a ottimizzare il tasso di conversione: se non mi fido di darti le credenziali della carta di credito, non ti darò le credenziali della carta di credito (guarda un po’, è anche una linea guida della SEO indicata direttamente da Google).

E io lo so che la nostra newsletter ci fa guadagnare fiducia, indipendentemente che dall’altra parte ci sia un cliente acquisito, un potenziale cliente, un potenziale partner o un potenziale nuovo collega (tutti destinatari di nostro interesse) e indipendentemente che io riesca a raccontare la nostra newsletter con KPI di natura economica.

Lo so perché quando andiamo in giro spesso raccogliamo complimenti a voce, perché siamo finiti in qualche slide di qualche lezione, perché i destinatari ci scrivono queste cose qua:

  • […]Mi sono iscritto – mi mangio le mani per non averlo fatto prima – alla vostra newsletter. Siete dei grandi: la pagina d’iscrizione poi è da manuale! E il vostro TOV spacca![…], un nostro cliente
  • […]Ciao! Siete stati il primo pensiero bello e di senso di questa giornata che sta per iniziare scalciando. Condividerò questa newsletter a tanti miei contatti, mica voglio godermela tutta sola. Un abbraccio[…], una professionista con la quale potremmo collaborare in futuro
  • […]Vi voglio bene[…], una iscritta alla newsletter

E allora sono combattuto perché anche se non siamo un ecommerce, mi sento di dire che “questa roba” sul medio/lungo periodo funziona, che adesso non ha KPI economiche, ma magari me ne sta ottimizzando altre – di economiche (come il tasso di chiusura su potenziali nuovi clienti).
Però sono in difficoltà nel proporla a destra e a manca, soprattutto quando intervengo su impianti che stanno già girando, che hanno i loro difetti ma che fatturano decine di migliaia di euro ad ogni invio.

E sono in difficoltà anche pensando a una convivenza dei due approcci; non tanto per la convivenza in se – quella è fattibile – bensì per il costo:

  • una newsletter di prodotto, con ESP collegato all’ecommerce e con template rodato, si fa in poco tempo (e si possono pure prodotti diversi a segmenti diversi – dinamicamente e in automatico), leggasi, “costa poco”
  • una newsletter di contenuto, dove con contenuto intendo qualcosa che catturi l’attenzione e dia una mano a qualcuno, oltre a non poter essere rendicontata con indicatori di performance economici, costa pure un sacco: l’idea costa, il copy costa, la strategia e il timing costano

Non so, c’ho ‘sto dubbio.
Tu che faresti?

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