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Come ho imparato a non preoccuparmi (dei report) e ad amare Google Data Studio

Quando cinque anni fa ho iniziato a occuparmi di data visualization, i formati di report che andavano per la maggiore erano gli Excel oppure le presentazioni in Power Point. Li ho usati e continuo ad usarli, sono comodi e sono dei formati con i quali abbiamo familiarizzato, ma hanno dei limiti quando si tratta di generare dashboard interattivi o report dinamici.

Ok, so cosa stai per dire. Ho già delle presentazioni e dei report in Excel efficaci, non è sufficiente? Se hai un momento, vorrei raccontarti perché strumenti come Google Data Studio possono essere migliori di Excel in alcuni casi.

GDS esempio
Esempio di dashboard per tenere sotto controllo più mercati

Un paio di anni fa mi sono trovato a lavorare con una direttrice marketing che aveva l’esigenza di centralizzare i report mensili di 32 Paesi. Per i report di marketing digitale fino ad allora si erano affidati ad Excel e si trovavano a gestire quasi 400 rapporti all’anno. Inoltre questi report erano statici: tutti i mesi il project manager di ogni Paese scaricava i dati dalle diverse fonti (Google Analytics, Google Ads, reti sociali, ecc.), li rendeva tutti omogenei e poi li caricava in Excel.

La decisione che presi con lei fu quella di creare un nuovo report interattivo con Google Data Studio. Grazie a questa soluzione, tutti i dati ora possono essere consultati in un unico rapporto, andando a selezionare il mese e il Paese con un filtro. L’altro grande vantaggio è che abbiamo reso automatico l’aggiornamento dei dati, usando i connettori di Google Data Studio.

I dati sono utili solo nella misura in cui riusciamo a tradurli in informazioni

Nel caso che ho descritto si sarebbero potuti rendere interattivi i rapporti che l’impresa già utilizzava? Dopotutto uno spreadsheet o i grafici di una presentazione si possono modificare e collegare, con soluzioni come Supermetrics o Zapier, alle sorgenti di dati.

La complessità tecnica di queste soluzioni però mi ha indirizzato verso uno strumento che nasce proprio per facilitare l’aggregazione di varie fonti in un unico dashboard. Google Data Studio era la soluzione più facile da implementare e più scalabile (basta una piccola modifica ai connettori per aggiungere/togliere un Paese).

I dati sono utili solo nella misura in cui riusciamo a tradurli in informazioni, che vanno poi ad alimentare il processo decisionale. Oggi ti vorrei raccontare, tramite due casi pratici, come uno strumento di data visualization come Google Data Studio mi ha permesso di fare analisi migliori (e più belle).

Cos’è Google Data Studio e perché dovrebbe interessarmi?

Lanciato nel 2016, Google Data Studio (GDS) è entrato a far parte della famiglia dei prodotti Google Marketing Platform nel 2018. È un servizio cloud che permette di connettersi a (e collegare tra loro) svariate sorgenti di dati (Google Analytics, Google Ads, file .csv, database, ecc.), di creare rapporti o dashboard interattivi e di condividerli sia all’interno che all’esterno dell’organizzazione. 

Si possono anche manipolare i dati e creare nuove dimensioni e metriche utili per l’analisi. Ad esempio si può calcolare il ROI di una campagna e aggiungerlo al rapporto, oppure andare a raggruppare i dati per area geografica, categoria di prodotto, ecc. Fin qui nulla di nuovo: queste cose le fanno anche Microsoft Power BI, Tableau, Qlik Sense e molti altri. In cosa si differenzia allora Google Data Studio da altre soluzioni?

  • È gratuito. Un primo aspetto, così ovvio che è facile da dimenticare, è che Google Data Studio è gratuito, almeno per quanto riguarda la piattaforma in sé (discorso a parte per i connettori, vedi più avanti). Non ci sono costi nascosti, versioni freemium, piani a consumo. Se hai già un account Google, magari perchè usi già servizi come Gmail o Google Analytics, ti basterà visitare la pagina datastudio.google.com e iniziare ad usarlo.
  • È (abbastanza) facile da usare. Come tutte le principali piattaforme di visualizzazione dei dati, anche Google Data Studio ha una curva di apprendimento. Sono però convinto che sia più accessibile rispetto ad altri strumenti, anche per chi non è esperto di statistica o non lavora di solito con i database. Per prima cosa, ha un’interfaccia pulita, che ricorda per certi versi quella delle tabelle pivot su Excel. Google poi mette a disposizione delle guide ben fatte, tra cui un corso di introduzione gratuito (in inglese) per esplorare le basi dell’interfaccia e un tutorial passo a passo per costruire il primo report.
  • Tanti template disponibili. Il mio rapporto con i template, non solo quelli di Google Data Studio, è complicato. Non trovo quasi mai template che si adattino ai miei dati e che mi convincano, anche da un punto di vista estetico. Mi piace però prendere un template, spezzettarlo e modificarlo a piacimento, estrarre le parti migliori e combinarle con altre, come con i Lego. Google ne mette a disposizione alcuni nella sua galleria, ma se ne possono trovare molti altri con una semplice ricerca.
  • Tutti i dati nello stesso posto. D’accordo, forse non proprio tutti. Per utilizzare i dati in un report, bisogna innanzitutto collegarsi a una sorgente utilizzando i connettori disponibili. Di base, GDS si può collegare ai principali servizi di Google (Analytics, Ads, Fogli, BigQuery, ecc.), a file .csv e a database (MySQL e PostgreSQL). Questo lascia fuori diverse piattaforme, tra cui Facebook, Criteo, Bing, ecc., per le quali  esistono connettori a pagamento (o soluzioni come Zapier). Comunque, una volta importati in Google Data Studio, i dati di sorgenti diverse possono essere usati per costruire un dashboard e anche combinati tra loro all’interno dello stesso grafico o tabella.
  • Condivisione e collaborazione. Una delle cose che trovo più comode in Google Data Studio è la possibilità di lavorare con altri membri del team sullo stesso report e nello stesso momento. Altrettanto pratiche sono le opzioni di condivisione: si possono aggiungere persone (come editori o solo per la visualizzazione), condividere il report con un link o inserirlo all’interno di una pagina web. La gestione dei ruoli e dei permessi però è migliorabile: al momento non è possibile configurare l’accesso solo ad alcune sezioni dei report.

Nella pratica, cosa permette davvero di fare Google Data Studio? Ho in mente due casi d’uso abbastanza comuni, il primo riferito ad un e-commerce e il secondo, più generale, che riguarda le campagne di digital advertising. Vediamo ora come Google Data Studio può semplificare l’analisi delle transazioni che non si registrano in Google Analytics. 

Quante transazioni (non) si registrano in Google Analytics?

Uno delle discrepanze che vedo più spesso negli e-commerce infatti è quella tra le transazioni registrate in Google Analytics e i dati riportati nel gestionale/CRM. In sostanza, non tutte le transazioni vengono tracciate in Google Analytics.

L’origine di questa differenza e le possibili soluzioni meriterebbero un articolo a parte (fammi sapere nei commenti se ti interesserebbe). Se la differenza è molto grande, potrebbe invalidare i risultati di tutte le analisi sui dati di Google Analytics. Per visualizzare questa differenza, si può usare Google Data Studio per costruire un report interattivo, come questo:

In questo caso concreto, le sorgenti di dati sono due: da una parte, i dati del CRM, che sono stati caricati in Google Fogli e che vengono aggiornati con una certa frequenza. Dall’altra abbiamo Google Analytics: la vista principale è stata collegata a Google Data Studio e i dati si aggiornano in automatico.

Vantaggi di GDS. Si tratta di un setup molto semplice, che non richiede di scrivere complesse query in SQL per combinare le due fonti. Quando vengono caricati nuovi dati, si aggiorna senza bisogno di ulteriori configurazioni. Al tempo stesso è efficace: possiamo vedere la differenza in maniera chiara e rapida. Possiamo anche applicare una serie di filtri per esplorare i dati e scoprire se variabili come il metodo di pagamento o lo stato dell’ordine incidono sulla discrepanza. 

Questo tipo di rapporto è complicato da creare in Excel o in Google Analytics. Per questa ragione finora veniva usato con scarsa frequenza e spesso, dopo un’analisi puntuale, non veniva più aggiornato. Con Google Data Studio riusciamo ad avere dati aggiornati per identificare la cause della discrepanza.

In un’occasione abbiamo visto che la differenza dipendeva in gran parte da uno dei metodi di pagamento del sito. In un altro caso, abbiamo scoperto che Google Analytics non stava gestendo bene i resi. Senza questo report sarebbe stato difficile individuare queste problematiche e correggere i dati. 

GDS per confrontare campagne e azioni promozionali

Il secondo caso riguarda la creazione di un comparatore di campagne. Confrontare tra loro campagne all’interno della stessa piattaforma (Google Ads, Facebook Ads,…) è piuttosto semplice e non è necessario usare Google Data Studio. Il caso delle campagne multicanale invece è più complesso. Ci sono varie opzioni, come importare i dati di tutti i canali in un’unica piattaforma di attribuzione. Un’altra strada è quella scelta per questo dashboard: collegarsi alle differenti piattaforme e usare Google Data Studio per mettere a confronto i dati.

GDS campagne digital advertising

Vantaggi di GDS. In questo caso il setup era più complesso, ma non troppo, e comprendeva l’uso di un connettore a pagamento per importare i dati di Facebook Ads. Non è obbligatorio usarlo, ma in questo modo il rapporto è automatizzato e si aggiorna con frequenza giornaliera. Si potrebbero usare anche soluzioni più artigianali, per esempio importare i dati in Google Fogli con un add-on o uno script e poi collegare il documento a GDS. Grazie alla frequenza degli aggiornamenti, è possibile reagire rapidamente nel caso in cui i dati delle campagne evidenzino qualche problema.

Apro una parentesi: se in un dashboard abbiamo dati di canali diversi (Google Ads, Facebook Ads, email marketing, ecc.), dobbiamo fare attenzione quando li confrontiamo. Il modo in cui Mailchimp calcola le conversioni è diverso da quello di Google Ads, ad esempio. Se vuoi saperne di più, il mio collega Giovanni approfondisce l’argomento dei modelli di attribuzione in un altro articolo.

Detto questo, una delle richieste che ricevo più spesso è quella di avere tutti i dati disponibili nello stesso posto. In questo modo si evita di saltare da una piattaforma all’altra per leggere i risultati e si ha tutto nella stessa pagina. Il fatto che con Google Data Studio sia semplice aggregare dati di canali differenti lo rende un ottimo strumento per questo tipo di report.

Un altro vantaggio è la flessibilità del comparatore data dall’uso dei filtri. È possibile introdurre parametri come il mercato di riferimento o il posizionamento, per analizzare i dati in profondità. Infine, anche se nell’immagine vediamo solo due campagne, potremmo aggiungerne molte altre (il limite è di 50 grafici per ogni pagina del rapporto) e creare un dashboard dove controllare tutti i canali con un’unica occhiata.

Estrarre valore dai dati con Google Data Studio

Per estrarre valore dai dati con cui lavoriamo, non serve per forza essere un data scientist. Con GDS si può creare un report sulle vendite, raggruppare nello stesso dashboard campagne e canali diversi, visualizzare i dati del nostro canale Youtube e molto altro. I rapporti possono essere condivisi e consultati, anche all’esterno dell’azienda. I report sono interattivi e con i filtri è possibile esplorarli per cercare tendenze o anomalie e rispondere a domande concrete.

Google Data Studio, grazie a una piattaforma gratuita e facile da usare, offre un’alternativa a Excel e ai Power Point statici. Ha dei limiti, specie nei connettori ai dati, che non sono moltissimi e danno la precedenza ai servizi Google. Ha però il pregio di rendere la visualizzazione di dati, anche di dataset complessi, un po’ più democratica. Se hai un account Google puoi provare Google Data Studio anche subito, magari con uno dei tanti template inclusi. Potresti scoprire che i dati possono essere belli e divertenti.

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