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SEO Internazionale: alcune riflessioni dopo aver sbagliato con Google

Oggi vi parlo di SEO in ambito internazionale, un tema che aggiunge alle consuete dinamiche dell’ottimizzazione di un sito web qualche elemento in più che non si può non considerare per essere presenti in altri Paesi del mondo.

Te lo racconto anche perché ho avuto l’opportunità di lavorare su alcuni progetti web le cui aziende si rivolgono a persone che risiedono in diverse parti del mondo. Grazie ad alcuni nostri clienti infatti sono riuscito a viaggiare (in senso figurato) in molti Paesi, entrando in contatto con alcune dinamiche che governano indicizzazione e posizionamento su Google in ambito internazionale. Ti propongo qui quanto ho imparato, anche grazie a errori commessi, in particolare su progetti multimercato dove vi erano più versioni per lingue – apparentemente – uguali.

Mi riferisco ad esempio a situazioni in cui ci troviamo di fronte ad una versione in inglese per il mercato americano, inglese per il mercato britannico, inglese per il mercato indiano e via dicendo. Stessi ragionamenti che si possono fare anche per i mercati in lingua spagnola, portoghese, francese, tedesca…

“Beh, Elia, basta creare una sezione del mio sito web in lingua e il gioco è fatto, no?”. Non sempre è così semplice, dipende da caso a caso :) ma andiamo con calma.

Paese che vai, parole chiave che trovi

Una delle attività alla base di una strategia SEO è senza dubbio l’analisi delle parole chiave, che ha come obiettivo il selezionare quante più terminologie possibile con cui le persone possono cercare un’azienda o un prodotto attraverso il motore di ricerca. In ambito internazionale la cosa si articola un po’. Prendiamo l’esempio citato poco fa.

Siamo entrambi d’accordo sul fatto che ci sono molte più persone che parlano inglese rispetto agli abitanti della Gran Bretagna, basti pensare ai residenti in India o negli Stati Uniti. In teoria potrebbero utilizzare le stesse terminologie per cercare qualcosa su Google.

I bisogni, i momenti, le esigenze specifiche, le abitudini però possono essere a volte molto diverse da Paese a Paese e le stesse parole talvolta cambiano. Ricordo l’esempio che faceva sempre la mia maestra delle elementari: in inglese britannico appartamento si dice “flat”, in Americano si dice “apartment”. Stesso concetto, parola diversa.

Stessi bisogni e abitudini, ma espressi diversamente da Paese a Paese anche utilizzando la stessa lingua

Volendo fare un parallelismo tra l’insegnamento della mia maestra e l’attività di ricerca delle parole chiave ci accorgiamo subito della necessità di creare due contenuti distinti per rivolgerci a una persona del Regno Unito piuttosto che a una che vive gli Stati Uniti.

L’approccio al mercato piuttosto che alla lingua appare quindi il più azzeccato in questo caso. Lo sforzo da mettere in campo però è molto più oneroso e i contenuti da creare sono due distinti (se non tre o più).

Capita a volte che a causa di scadenze stringenti non si riescano a sviluppare più contenuti in lingua, replicando lo stesso contenuto nelle diverse sezioni del sito web. Oltre che essere una potenziale criticità SEO sul fronte dei contenuti duplicati, come raccontiamo in questo articolo sui contenuti duplicati del nostro blog, potrebbe dare un’informazione errata a Google stesso che non riuscirà a individuare le differenze tra l’uno e l’altro.

A un mio cliente è capitato di dover fronteggiare una deindicizzazione – la rimozione dal database di Google da parte di Google stesso – di interi articoli di blog in francese solo perché gli stessi contenuti erano replicati anche nelle versioni del sito per il mercato canadese e per il mercato belga.
Chi cercava dal Canada parole chiave afferenti un articolo specifico sarebbe entrato nella sezione editoriale dedicata alla Francia, potendo poi liberamente proseguire in un’area non ottimale e ottimizzata per il suo tipo di provenienza. Immaginando infatti che la persona del Canada avesse proseguito nel catalogo prodotti, si sarebbe trovato la valuta francese – l’Euro – e le spese di spedizione valide appunto per la Francia, impattando negativamente nell’esperienza di navigazione.

E per gli ecommerce?

Una delle situazioni dove forse una logica multimercato si esprimerebbe al meglio è un sito ecommerce. Molte aziende che vendono online in ambito internazionale infatti potrebbero seguire logiche diverse in base al mercato, in particolare per quel che riguarda:

  • catalogo prodotti
  • valuta di acquisto
  • listino prezzi
  • spese di spedizione

Prendiamo a titolo di esempio un sito ecommerce che vende in Italia e Gran Bretagna, e ha una sezione internazionale in lingua inglese per i mercati anglofoni – come gli Stati Uniti.

Se una persona americana effettua una ricerca su Google, ci aspettiamo che atterri sulla più indicata versione del sito, quindi in tal caso la versione internazionale. Che succederebbe se Google presentasse questo risultato di ricerca?

Snippet di ricerca ecommerce inglese

In questo caso stiamo mostrando agli americani una versione non adatta a loro e i rischi sono molti, in particolare se catalogo, listino prezzi o spese di spedizione sono diversi. La valuta sarà chiaramente diversa.

Mi è capitato anche con alcune schede prodotto di un altro mio cliente, dove Google mostrava nel mercato statunitense la pagina in inglese di un mercato europeo specifico piuttosto che la versione internazionale (il mio cliente aveva prezzi diversi per i mercati europei rispetto ai mercati del Nordamerica).

La gestione di cataloghi, listini o prezzi diversi è una tematica spesso difficile da gestire: spesso capita di scontrarsi con dinamiche aziendali dove sono coinvolti anche negozi fisici, rivenditori locali, logiche di prezzo differenti tra online e offline e molto altro. Insomma un panorama davvero molto complesso e di difficile analisi.

Dunque che si fa? Facciamo selezione all’ingresso, se sei americano entri alla versione americana, ma non nelle altre? Reindirizziamo automaticamente le persone che entrano dalla parte sbagliata? Blocchiamo l’acquisto per le persone che accedono dai mercati dove al momento non arriviamo?

Abbiamo dovuto affrontare diverse casistiche, dove pur di non mostrare i prezzi ad alcune persone nel mondo si nascondevano intere sezioni del sito. Come possiamo risolvere tutto ciò? Quali sono poi gli errori da non fare?

Parola d’ordine: libertà e buon senso :)

Una delle caratteristiche più apprezzate del World Wide Web è la libertà di movimento che ognuno di noi ha a disposizione navigando in Internet. Ebbene questo è ciò che dovrebbe stare alla base delle scelte da fare quando si tratta di dover mostrare o nascondere determinate sezioni di un sito web a persone localizzate in Paesi diversi del mondo.

Di base quindi tutti dovrebbero essere liberi di navigare le pagine del sito web, per poi scegliere la sezione che preferiscono.

Google, che scansiona i siti attraverso indirizzi IP localizzati prevalentemente in America, segue un po’ la stessa logica. Qualora noi decidessimo di limitare l’accesso ad una determinata sezione del nostro sito web agli americani, dobbiamo tener presente che stiamo precludendo l’accesso anche al motore di ricerca che quindi vedrebbe solo la versione ad esso dedicata, tralasciando tutte le altre.
Così facendo le pagine dedicate ai mercati europei potrebbero non venire nemmeno indicizzati e quindi non si posizionerebbero per alcuna parola chiave.

Quando poi vi fosse il dubbio di dove pubblicare determinati contenuti, se su tutto il sito, su determinati mercati oppure solo su una sezione specifica, la scelta migliore è affidarsi al buon senso chiedendosi: sto dando del valore aggiunto alle persone di quel Paese comunicando questo contenuto oppure no?

Vi sono alcuni strumenti che possiamo utilizzare affinché Google possa comprendere meglio a chi ci stiamo rivolgendo e li vediamo ora. Di fatto però non ci sono tecniche o scorciatoie che possano battere un ragionamento basato sullo studio attento e approfondito del pubblico a cui ci si vuole rivolgere.

Gli Hreflang in soccorso

Gli hreflang sono degli attributi utili a Google per comprendere al meglio l’architettura del sito in ambito internazionale e individuare agevolmente le differenti versioni delle pagine web dedicate a ciascuna lingua e mercato a disposizione.

Non voglio tediarti con i suggerimenti su come impostare questi attributi, se va direttamente nel codice sorgente oppure nella mappa del sito in xml, sono state dette e scritte molte cose in merito. Credo che seguire le linee guida redatte da Google in materia di hreflang di fatto sia la strada migliore.

La riflessione che propongo qui riguarda il fatto che le istruzioni che diamo a Google non sono direttive precise che l’algoritmo deve seguire pedissequamente. I motori di ricerca, anche dopo un’attenta configurazione degli hreflang si riservano di comportarsi diversamente se quanto proposto nella pagina (contenuti testuali o altre informazioni chiave) è tanto chiaro da soprassedere all’hreflang.

Ti ricordi il precedente esempio del mio cliente e della sua sezione editoriale deindicizzata? Ebbene gli hreflang erano configurati nel modo migliore possibile e Google ha arbitrariamente deciso di indicizzare solo una versione. D’altronde i contenuti erano uguali, non c’era nulla che potesse dare un valore aggiunto a persone da Paesi diversi.

Banner che dice “Hey, c’è la versione dedicata a te!”

Non aiuta direttamente la SEO, ma di certo è un ottimo modo per aiutare le persone a navigare verso la sezione più appropriata. Prendiamo il caso di Adidas: se per una serie di motivi dovessi entrare nella versione francese del sito web – ipotizzando ad esempio di intercettare un link al sito web francese o di essere in vacanza in Francia – Adidas mi suggerisce di scegliere la mia località di spedizione, riconoscendo l’indirizzo IP o tramite la lingua del browser da cui mi sto connettendo al sito. Bello no? Pensando ad una persona del Canada che accede da Google alla sezione del sito dedicata alla Francia, si troverebbe subito un banner per andare alla versione ottimale per lui. Ancora meglio!

Homepage Adidas.fr con banner del mercato

Elementi in pagina che aiutano Google

Ci sono poi degli elementi che possono aiutare sia Google che le persone a comprendere qual è la versione più giusta per ciascuna località geografica, come ad esempio:

  • la valuta (riportare i prezzi in Sterline piuttosto che in Dollari è un contributo significativo per capire a chi ci si rivolge)
  • l’indirizzo della sede locale (da riportare ad esempio nella parte inferiore della pagina dove solitamente troviamo alcune informazioni aziendali importanti)

Questi due parametri inoltre possono essere contrassegnati con l’ausilio di alcuni codici di markup di Schema.org, una libreria di dati strutturati con cui dotare un sito web di informazioni descrittive con cui i motori di ricerca possono catalogare alcune informazioni. Ti lascio un link delle linee guida di Google su come funzionano i dati strutturati, ma di fatto l’obiettivo è quello di far capire ai motori di ricerca che un numero riportato in pagina e contrassegnato con quel dato codice di markup è una valuta, mentre una data porzione di testo rappresenta un indirizzo.

Alcuni artifizi più tecnici

Ci sono inoltre alcuni aspetti di natura più tecnica per far sì che il sito web sia quanto più ottimizzato possibile lato SEO per poter ambire al posizionamento su mercati internazionali. Proviamo a scorrerli velocemente di seguito.
Scelta del dominio: due strade possibili
Un aspetto senz’altro molto importante per riuscire a consolidare la propria presenza all’estero è la scelta dell’estensione del dominio, di fatto la parte finale dell’indirizzo. La scelta ricade in due macrogruppi:

  • dominio generico, in sigla gTLD (.com, .net, .org, .online e tutte le nuove estensioni)
  • dominio localizzato, in sigla ccTLD (.it, co.uk, .fr, .de)

Quale strada scegliere? Quella più comoda e facile da gestire. Nel primo caso è opportuno suddividere i vari mercati e lingue in sottocartelle o domini di terzo livello, così che si riescano a gestire al meglio le diverse sezioni (e possiamo configurare il targeting internazionale come vedremo nel punto successivo).

La seconda soluzione consente di comunicare una forte appartenenza ad un mercato specifico: con un dominio .it infatti diamo un forte segnale del fatto che ci rivolgiamo al mercato italiano. Se la nostra azienda si rivolge a più mercati sarà quindi necessario acquistare un dominio per ciascuno di essi.

Va considerato che in alcuni casi, che come ad esempio per il dominio .de per il mercato tedesco, viene richiesto che che il contatto amministrativo risieda sul territorio locale.

Impostazione targeting geografico su Google Search Console

La Search Console di Google, lo strumento che consente di monitorare lo stato di salute, il posizionamento e l’indicizzazione di un sito web di cui si è proprietari, ha tra le tante una funzionalità che consente di aiutare Google a capire qual è il mercato di destinazione di un sito o di una sottocartella del sito o di un dominio di terzo livello.

Per i domini di tipo locale non sarà necessario effettuare questo passaggio appunto per la chiara connotazione locale delle estensioni di questo tipo.

Schermata di Search Console per impostazione Targeting Internazionale

Utilizzo di un servizio di CDN

La Content Delivery Network è un sistema di computer connessi tra di loro utile alla distribuzione dei contenuti in diverse parti del mondo.
In un progetto internazionale dotarsi di un servizio di questo tipo consente di poter inviare le risorse del sito web con maggiore velocità e sicurezza, migliorando i tempi di caricamento delle pagine, grazie soprattutto alla vicinanza geografica rispetto alle persone che richiedono i dati.

Immaginiamo ad esempio un’azienda italiana che si rivolge al mercato australiano attraverso un sito web che risiede in un server in Italia. Un servizio di CDN che per l’appunto si affida a computer localizzati in più parti del mondo, consentirebbe ai potenziali clienti di ricevere velocemente le risorse del sito web da un computer geograficamente più vicino alla destinazione. Diversamente le informazioni dovrebbero di fatto fare il giro del mondo dall’Italia all’Australia, ripercuotendosi sulla buona riuscita del collegamento e sulla velocità di trasmissione delle informazioni.

Non dimentichiamoci i backlink

I link provenienti da siti web di terze parti sono ancora oggi il più importante fattore di posizionamento organico che Google ha a disposizione. Anche in ambito internazionale questo fattore ha un’incidenza non indifferente e, oltre a contribuire nell’ambito della valutazione per il posizionamento, aiuta Google ad avere informazioni sul mercato o sui mercati a cui quel sito web si rivolge.

Cose da non fare

In ambito internazionale ci sono in particolare due tecniche che solitamente sconsigliamo di utilizzare, il cui scopo è quello di consentire a Google di navigare senza impedimenti il sito web:

  • Redirect forzato in base all’IP di provenienza
  • Utilizzare parametri per la gestione della lingua (come ad esempio https://www.miosito.com/?lingua=en)

Il primo punto potrebbe non consentire a Google e alle persone di navigare in libertà tutto il sito web, il secondo invece potrebbero non essere facilmente interpretabili da parte del motore di ricerca, non consentendogli una corretta scansione di tutte le pagine.

Per concludere

Insomma, l’argomento SEO Internazionale è davvero molto molto ampio, oltre che complesso e con un sacco di aree grigie (come del resto tutta la SEO, ma questa è un’altra storia).

L’apertura e l’espansione in un nuovo mercato comunque non è cosa da poco, né tanto meno immediata. Le considerazioni da fare riguardano un ampio spettro di attività, non solo quindi in ambito SEO: l’azienda ha sede in loco? Ci sono delle rappresentanze locali attraverso le quali è possibile approcciare quel mercato?
Ma soprattutto…è conosciuta nel Paese dove si vuole iniziare a “vendere”?

Abbiamo imparato che lavorare sull’autorevolezza e sulla conoscenza del brand in un mercato specifico è un’attività su cui concentrare buona parte degli sforzi, soprattutto all’inizio. È più difficile che un acquisto vada a buon fine se l’acquirente non sa dove e da chi sta comprando.

Lato SEO, creare dei siti web multimercato inoltre è utile se prima di tutto abbiamo qualcosa da dire e da dare alle persone che ci conoscono a cui ci rivolgiamo. Se i contenuti rimangono sempre gli stessi differenziando solamente l’URL della pagina non ha forse più senso mantenere un’unica versione in lingua?

Giro a te la domanda, che ne pensi? Se vuoi approfondire la questione commenta pure qui sotto o scrivimi :)

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Commenti

  1. Ciao e grazie per averci raccontato la tua esperienza, la Seo Internazionale è tutt’altro che facile. Anche se la mia esperienza in Seo internazionale è molto minore della tua posso dire che i primi due problemi che mi vengono alla mente sono quello Culturale e quello delle Leggi che variano da paese a paese. Entrambi gli aspetti possono, se non ben considerati, portare a gravi danni economici.

    Rispondi
    • Grazie del commento, Fabio! Si, anche i due fattori che menzioni tu sono delle variabili da tenere nel mirino. Chiaramente dipenderà poi da settore a settore, ma l’aspetto culturale a volte è davvero cruciale.

      Rispondi

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