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SEO Analytics: potenziare la SEO con la Web Analytics

Esistono delle sinergie tra le attività di Web Analytics e quelle SEO e in caso come possiamo sfruttarle? Dopotutto, uno dei compiti della Web Analytics è quello di aiutare a prendere decisione basate nei dati. Aiutare chi? In questo caso, chi si occupa di Search Engine Optimization.

La domanda iniziale ne porta con sé un’altra, più poetica: la SEO è arte o scienza? Senza dubbio c’è bisogno di creatività e intuizione per produrre contenuti rilevanti e di qualità, in grado di soddisfare i bisogni di chi effettua una ricerca e di posizionarsi nei motori di ricerca.

Se fosse solo un’arte, la Web Analytics potrebbe apportare ben poco. Per funzionare al meglio la SEO invece richiede anche un approccio più scientifico e basato nei dati.

L’analisi delle parole chiave, per esempio, mostra dati come il volume e la tendenza di ricerca o la “difficoltà” di una parola chiave. Allo stesso modo, è possibile analizzare il posizionamento del tuo sito in relazione a quelli dei competitor. Senza queste informazioni, sarebbe impossibile costruire una strategia SEO efficace e duratura.

Gli esempi che ho fatto però si riferiscono a dati che vengono dall’esterno, spesso da strumenti di terze parti (ad esempio SEMRush) e non dipendono da quello che succede sul tuo sito. Esiste invece un modo per sfruttare la gran mole di dati che il sito produce e che (spero) stai già tracciando? (Se non stai misurando il traffico, dai un’occhiata a Google Analytics: cosa tracciare in un sito aziendale)

In questo articolo ti racconterò tre tecniche di analisi che usano i dati di Google Analytics per potenziare le attività SEO.

Velocità di caricamento delle pagine

A maggio di quest’anno Google ha spiegato in un post ufficiale sul proprio blog cosa fossero i Core Web Vitals e la loro importanza come fattore di posizionamento. Semplificando molto, si tratta di tre indicatori utili a valutare l’esperienza di una persona sul tuo sito in termini di velocità e stabilità nel caricamento della pagina.

Semplificando ancora di più, avere un sito che carica più velocemente non migliora solo l’esperienza di navigazione dell’utente finale, ma può anche aiutare a posizionarsi meglio su Google.

D’accordo, ma in tutto questo cosa c’entra la Web Analytics? Forse non tutti sanno che Google Analytics dedica un’intera sezione alla velocità del sito (la trovi in “Comportamento” -> “Velocità del sito”).

In particolare, il report “Tempi pagine” non solo ci dà un’indicazione sulla velocità media di caricamento del sito, ma fornisce anche i dati per le singole pagine. In questo modo è possibile capire se ci sono pagine che impiegano di più a caricarsi rispetto alla media.

Identifica le pagine più lente grazie a Google Analytics

E non finisce qui: è possibile segmentare i dati per dispositivo e per browser, per cercare di individuare meglio i possibili problemi. Una vera miniera d’oro per i SEO a caccia di pagine da ottimizzare.

Bonus: normalmente Google Analytics raccoglie i dati sulla velocità di caricamento solo per l’1% delle sessioni. Volendo è possibile impostare la soglia di campionamento al 100% e raccogliere dati per tutte le sessioni. Questo passaggio è un po’ tecnico e richiede una modifica del codice di tracciamento del tuo sito oppure, se usi Google Tag Manager, l’aggiunta del parametro “siteSpeedSampleRate” con valore uguale a 100 nella variabile di configurazione di Google Analytics. Attenzione però a non superare il limite dei 10 milioni di hit (interazioni) mensili di Google Analytics (versione free). Ogni rilevazione della velocità conta infatti come un “hit”.

Opportunità per nuovi contenuti dalle ricerche interne

Una delle più grandi sfide della SEO è la redazione di contenuti web ottimizzati per il motore di ricerca e che al tempo stesso siano in grado di fornire la miglior risposta possibile alle persone che fanno una ricerca. Per produrre contenuti rilevanti diventa quindi fondamentale capire cosa stia cercando una persona, sia come termini di ricerca, sia per quanto riguarda lo scopo della sua ricerca.

Di solito chi si occupa di SEO si affida a una combinazione di strumenti per individuare le ricerche principali, la loro tendenza nel tempo, le ricerche correlate e magari quali contenuti offrono i siti web simili a quello analizzato.

Queste ricerche vengono svolte sui motori di ricerca principali (Google, Bing, Yandex, ecc.), ma c’è un motore che spesso viene ignorato: il motore di ricerca interno del sito.

Non tutti i siti web fanno uso della ricerca interna, ma, quando questa è presente, possiamo tracciare le parole cercate con Google Analytics. Se il termine di ricerca è presente nell’URL (es. https://mocainteractive.com/?s=seo) è sufficiente indicare nel pannello di amministrazione di Analytics, nella sezione “Impostazioni viste”, il parametro di ricerca corrispondente (nel nostro esempio è “s”). In questo modo il report “Comportamento” → “Ricerca sul sito” si popolerà con le parole che le persone cercano sul tuo sito.

Qui sotto puoi vedere un esempio di report: in questo caso, la parola più cercata è stata “amazon”. Allo stesso tempo, la metrica “% uscite dalla ricerca” indica quante sessioni hanno abbandonato il sito dopo aver visto i risultati di ricerca.

Perché questo dovrebbe essere importante per la SEO? È presto detto: se una persona abbandona il sito dopo la ricerca, senza nemmeno esplorare i risultati, forse è perché non ha trovato quello che cercava.

Chi cura la strategia SEO, studiando i termini di ricerca e il tasso di uscita, può cercare spunti per migliorare/aggiornare i contenuti presenti nel sito web o idee per creare contenuti nuovi.

Conversioni assistite: il “vero” valore del traffico organico

Immagina di aver creato un nuovo articolo per il tuo blog a partire dai suggerimenti sulla ricerca interna. L’articolo parla, per esempio, di advertising su Amazon e speri che la gente leggendolo lo trovi interessante e decida di iscriversi alla newsletter o lasci i propri dati usando il form di contatto.

Su Google Analytics vedi che l’articolo va molto bene: ci sono un sacco di accessi, la maggior parte da organico. Poi però vai a controllare il raggiungimento gli obiettivi (iscrizione alla newsletter e lead) e hai un’amara sorpresa: l’articolo non ha generato quasi nessuna conversione.

Al di là dell’esempio, questa è una cosa che mi capita spesso di vedere analizzando i dati. Anzi, spesso i dati mostrano che il blog nel complesso sta portando poche conversioni. Che spiegazione ci potrebbe essere per questi risultati?

Una delle ragioni è che di solito il customer journey è lungo e, prima di arrivare ad una conversione, entrano in gioco altri canali, anche a pagamento. È normale visitare più volte il sito prima di comprare qualcosa o lasciare i propri dati, specie quando si stanno valutando più alternative.

Ed ecco il problema: Google Analytics nei report standard non tiene conto del contributo dato dai canali nelle sessioni precedenti alla conversione, ma considera solo l’ultimo step, quello della conversione. Per questo, quando andiamo a leggere un report standard, rischiamo di sottostimare il contributo di alcuni canali.

Per cercare di dare una risposta più completa, Google Analytics mette a disposizione dei report particolari, raccolti nella sezione “Conversioni” → “Canalizzazioni multicanale”. In particolare, il rapporto “Conversioni indirette” permette di confrontare le conversioni dirette (le stesse presenti nei report standard) con quelle indirette.

Secondo la definizione data da Google, le conversioni indirette riferite ad uno specifico canale sono le “[…] conversioni per le quali questo canale è comparso nel percorso di conversione, ma non ha rappresentato l’interazione finale prima della conversione.”

Tradotto, possiamo sapere in quante conversioni ha “partecipato” un canale, pur senza costituire l’ultimo step.

Nell’esempio riportato sopra, ho filtrato il rapporto delle “Conversioni indirette” per isolare il traffico organico proveniente dal blog. Nel periodo selezionato ci sono state 22 conversioni dirette e ben 91 conversioni indirette: stiamo parlando di una differenza del +300%. Come si spiega?

Una possibile interpretazione è questa: il traffico organico, tramite i contenuti del blog, agisce ad un livello più “alto” del percorso di acquisto, attirando clienti potenziali che sono nella fase della ricerca di informazioni o in quella del confronto tra alternative. Il canale organico potrebbe essere quello che per primo ha attirato la persona sul sito e senza il quale non sarebbero esistite le interazioni successive (e quindi nemmeno le conversioni).

Questo lavoro di interpretazione dei risultati è utile per capire il vero valore del traffico organico

Sì, lo so, sono tanti “ma”. Considera però che l’attribuzione non è una scienza esatta: le conversioni indirette sono uno strumento per interpretare dati complessi che riguardano il comportamento delle persone sul tuo sito.

Questo lavoro di interpretazione dei risultati è utile per capire il vero valore del traffico organico. In questo modo, avrai una visione più completa quando dovrai prendere decisioni riguardanti l’attività SEO.

Con questi esempi, spero di averti dato delle idee su come utilizzare i dati e la Web Analytics per sviluppare ancora di più la tua strategia SEO. Conoscevi già queste tecniche di analisi? Se hai domande o se vuoi condividere le tue esperienze con la SEO Analytics, sarò felice di leggerle e di risponderti nei commenti qui sotto :)

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