La cura della propria lista email è importante tanto quanto l’attività di lead generation.
Raccogliere gli indirizzi dei contatti non deve essere una disciplina sportiva guidata dal raggiungimento di numeri a doppia cifra. Avere a disposizione una community di persone iscritte è veramente di valore quando queste interagiscono con noi: si raccontano, ci danno feedback.
In un mondo dove i dati che le persone cedono volontariamente saranno sempre più al centro (vedi Apple Privacy Protection, vedi le modifiche alla raccolta Cookies di Google), avere questo approccio all’email marketing farà la differenza.
L’email marketing, guardando oltre ai tecnicismi, non è altro che un lavoro di relazione con le persone che sono entrate in contatto con la tua attività.
Ecco, questo è quello di cui parleremo in questo articolo:
- Perché occuparsi di email marketing
- Come coltivare la relazione con i nostri contatti
- Personalizzazione, rilevanza e intimità
- Lista di cose da fare per tenere tutto sotto controllo
1) Perché occuparsi di email marketing
Quindi, perché occuparsi di email marketing? La risposta è semplice: perché è vantaggioso!
Avere una lista di iscritti alla newsletter della propria azienda, significa avere tra le mani una gruppo di persone variegato: fedeli consumatori e persone che interagiscono con meno frequenza, contatti appena arrivati (che quindi hanno bisogno di conoscerci meglio) e altri che non siamo stati in grado di convincere o di cui non abbiamo soddisfatto bisogni e aspettative.
Avere una lista di email nel proprio Email Service Provider (ESP) significa anche avere tra le mani un piccolo tesoro.
Sì, un tesoro: perché costruire relazioni è un’occasione unica e nessun altro strumento digitale è in grado di darci questa opportunità ad un livello così personale e profondo.
La ragione per cui l’email – uno dei canali più “vecchi” del mondo digitale – continua ad essere uno strumento così attuale, credo vada cercata proprio nella sua capacità di garantire relazioni personali e personalizzate.
Non per nulla l’email ha un ritorno potenziale sull’investimento (ROI) medio di 35€ per ogni euro investito.
Se ti interessa approfondire il tema, puoi dare un’occhiata a questo articolo di Shopify sulle statistiche dell’email marketing (in italiano) oppure a questo post di HubSpot sul tema (in inglese). Ma ne parla anche Forbes in un articolo tutto dedicato a migliorare il ROI dell’email (sempre in inglese).
2) Come coltivare la relazione con i nostri contatti
In pratica, se lavoriamo bene, in una lista email avremo una rappresentazione di tutto il funnel marketing (ovvero, persone su vari livelli di coscienza d’acquisto).
Attraverso l’email marketing (quindi: newsletter e DEM) e l’automation (cioè: flow automatici e transazionali) abbiamo l’occasione di “tirare la volata” alle persone più affini al nostro brand.
Possiamo portarle verso le fasi di conversione e fidelizzazione, possiamo provare a trasformarle in ambassador.
Facciamo un esempio.
Prendiamo le persone che sono entrate, recentemente, in contatto con la tua attività. Mettiamo il caso non la conoscano bene. Oppure che siano arrivate sul tuo sito in un periodo di sconti e promozioni stagionali.
Questa situazione ha tutta l’aria di essere un’ottima occasione: puoi sfruttarla per convincere, coinvolgere e interessare le persone con la tua storia.
La chiave per trasformare queste persone in clienti che stimano ed apprezzano la tua azienda, è anche una comunicazione puntuale, rilevante e di valore. Ovvero una comunicazione differenziata a seconda della fase del funnel in cui si trovano e basata sui loro comportamenti (o le non-azioni).
Se una persona si iscrive alla tua newsletter partendo da un annuncio sponsorizzato su Facebook, probabilmente avrà bisogno di un po’ di contesto. Perché non affidare il racconto ad una serie di email? La durata di questa serie non è predefinita. Durerà il tempo necessario a raccontare chi sei, i tuoi servizi e come utilizzarli.
Se, invece, una persona si iscrive alla tua newsletter da un’email transazionale di creazione account sul sito, probabilmente ti conosce già. Forse troverà più utile, se non ha ancora comprato, una serie di email con dei consigli sull’acquisto basati sulle sue preferenze.
Le risposte e le azioni delle persone che scendono verso le parti più basse del funnel – quelle dei nostri lettori o clienti più fedeli – hanno più valore.
Non il 100% delle persone iscritte saranno importanti e non il 100% dei nostri sforzi ed investimenti raggiungerà l’obiettivo. Fa parte del percorso.
D’altronde nella vita, come si dice, bisogna imparare a lasciar andare e a questo ci penseranno le attività di pulizia della lista.
Bonus GDPR – zero-party data, carburante per la strategia di marketing personalizzata
Se vogliamo proprio essere meticolosi, in un mondo cookieless, dove la privacy delle persone è – giustamente – messa al primo posto, quello che conta veramente sono i dati che le persone vogliono condividere. Quelli che chiamiamo gli “zero-party data”.
Piccolo riassunto dei dati che possiamo ottenere dall’interazione di una persona che si muove in un ecosistema digitale:
Dati di terza parte: questi dati vengono ottenuti (o acquistati) da siti e fonti non proprietarie.
I dati di terze parti utilizzati per la personalizzazione includono: informazioni demografiche, dati aziendali, abitudini di acquisto e informazioni aggiuntive provenienti da sistemi CRM, POS e call center.
Dati di prima parte: i dati di prima parte sono dati proprietari che comprendono i comportamenti di una persona a livello di sito, app e pagina.
Questi includono il passaggio del mouse, lo scorrimento e il tempo attivo in pagina, il contesto della sessione e il modo in cui la persona reagisce alle esperienze personalizzate suggerite (ad esempio i prodotti consigliati).
Anche i dati transazionali (come acquisti e download) sono considerati dati di prima parte.
I dati di prima parte ci forniscono indicazioni preziose sugli interessi e le intenzioni di acquisto di una persona.
Zero-party data: il termine è stato coniato da Forrester Research e fa riferimento a quei dati detti anche “dati espliciti”.
La definizione di Forrester Research è questa:
“Gli zero-party data sono quelli che un cliente condivide intenzionalmente e proattivamente con un brand. Possono includere i dati dei centri di preferenza, le intenzioni di acquisto, il contesto personale e il modo in cui l’individuo vuole essere riconosciuto dal brand stesso”.
Gli zero-party data, tra tutti, sono quindi più precisi e affidabili.
Provengono direttamente dalla fonte, sono ceduti volontariamente e rendono l’esperienza della persona che li ha condivisi più coinvolgente perché più accurata e personalizzata.
Praticamente un circolo virtuoso di gestione del dato: mettere al centro l’esperienza dell’utente digitale crea fiducia ed esperienze ottimizzate che, in fin dei conti, costruiscono un senso di fedeltà che unisce, nel tempo, quella persone alla nostra azienda.
3) Personalizzazione, rilevanza e intimità
Dovremmo spingere la raccolta degli zero party data con le attività email e le attività strettamente correlate (come la creazione di nuovi account sul sito).
In questo modo possiamo integrare le nostre strategie digitali con le informazioni e le interazioni che proprio i nostri clienti, i più virtuosi e quelli più affezionati, vogliono condividere con noi.
Fare questo ci permette di avere dati reali per aggiornare le Buyer Personas che ci proponiamo di raggiungere e il nostro target in generale. L’obiettivo, centrale per ogni business, è quello di riuscire ad avvicinare nuove persone simili ai propri clienti più fedeli e duraturi.
Attenzione però a non cadere nell’errore di cui parlavamo all’inizio dell’articolo: raccogliere indirizzi e dati dei contatti non è una disciplina sportiva!
I numeri non sono la cosa che conta di più. Quello che fa veramente la differenza è lavorare a monte, sulla costruzione di una strategia: fare un’analisi della propria azienda, dei propri obiettivi, dell’architettura dati utile a raggiungerli, dei touchpoint attivabili e dei benefici (reali e crescenti) che le persone riceveranno da una relazione lunga e duratura con la nostra attività.
Qui sotto ho elencato alcuni esempi pratici di questo.
La personalizzazione può partire dal momento della raccolta contatto.
Un touchpoint di iscrizione, come la form sul sito, può richiedere un dato in più se il dato è essenziale all’interno della nostra offerta commerciale.
Se siamo nel mondo fashion potrebbe essere utile chiedere preventivamente se si ha interesse per la moda donna/bambino/altro.
Se siamo nel mondo dello sport potrebbe essere utile raccogliere l’attività sportiva preferita.
Se ci troviamo in un sito multilingua, possiamo chiedere qual è la lingua in cui gli utenti preferiscono ricevere le comunicazioni.
Queste informazioni permettono di iniziare con il piede giusto.
In questo modo potrai già inviare delle comunicazioni rilevanti rispetto alle informazioni che gli iscritti hanno condiviso.
Dall’altro lato, le persone che si iscrivono, saranno più propense e coinvolte di fronte alle comunicazioni che riceveranno. Il loro comportamento (azioni ed acquisti) nel corso del tempo ci racconterà, poi, altro su di loro.
Le persone iscritte che dimostrano un alto coinvolgimento ed un alto tasso di risposta (nelle survey, nei centri preferenza, nelle email e in termini di conversione), dovrebbero sempre essere premiate ed incentivate.
Queste persone sono quelle che dovresti cercare di non lasciarti scappare, cercando di allungare la durata naturale della loro “vita cliente”.
Per questo ci vengono in aiuto i programmi fedeltà, le comunicazioni esclusive dedicate ai clienti, i coupon sconto a fronte di comportamenti che vogliamo incentivare (come le recensioni o i post sui social).
4) Una lista di cose da fare per tenere tutto sotto controllo
Ecco una lista delle cose che puoi fare per tenere sotto controllo questo cambiamento o per iniziare a misurare le metriche che veramente contano:
1. Crea un framework che racconti di te
Uno stile di comunicazione e grafica in linea con il tuo brand crea riconoscibilità e concede un immediato spaccato dei tuoi valori e delle tue linee guida
- Rivedi i template delle tue email: sono aggiornati con il tono di voce, la brand identity, i colori e le scelte grafiche della tua azienda?
- Rivedi i template e lo stile delle transazionali: sono le email più aperte in assoluto, perché sprecare questa occasione
- Rivedi la tua welcome email: perchè l’hai già impostata, vero? ;)
2. Crea segmenti di pubblico
- Segmenta il pubblico in entrata: puoi farlo in modo diretto (ad esempio chiedendo nei form di iscrizione) o in modo indiretto (ad esempio estrapolando la lingua dalla url del sito di provenienza). Se sei un e-commerce, segmenta in base all’acquisto.
3. Chiedi ai tuoi clienti le informazioni che ti servono
- Cominciare ad utilizzare i sondaggi nelle email: puoi avere un feedback sul grado di coinvolgimento dell’utente.
- Cerca di avere un profilo di clienti e iscritti sempre aggiornato: puoi interagire con i tuoi lettori attraverso interviste ma anche centri preferenza e campagne di profilazione
4. Fai le pulizie di primavera
- Prenditi cura della tua lista: almeno una volta l’anno è buona prassi fare attività di pulizia della lista. Non ti preoccupare se i numeri calano, è fisiologico che una lista perda fino al 20% di iscritti l’anno
- Cerca di segmentare gli iscritti: prima di arrivare all’attività di pulizia, ultima spiaggia della gestione della lista, hai provato a creare segmenti di pubblico con engagement diverso? Puoi inviare delle campagne ad hoc con obiettivi diversi (es. aperture, click e letture piuttosto che primi o secondi acquisti)
5. Rivedi gli automatismi
- Controlla journey e automatismi: sono allineati e in grado di supportare la tua strategia generale di marketing e i tuoi piani di fidelizzazione? Se non lo sai, parti da un’analisi del database: ti può dare spunti e indizi interessanti
6. Misura i risultati
- Rivedi le metriche: fermati, fai una scelta e utilizza i KPI veramente significativi per misurare la tua attività nel tempo. Ad esempio, considera open rate e click rate ma inizia a dare spazio ad altri indicatori. Ad esempio, considera il Customer Lifetime Value e i valori di Frequenza d’acquisto/Tempo dall’acquisto/Spesa media dei singoli clienti
Ho toccato diversi aspetti in questo articolo, proprio per questo se hai bisogno di una mano per ottimizzare la tua strategia di email marketing o desideri approfondire l’argomento, scrivimi e ne parleremo insieme.
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